Progetto ENOC

Possiamo descrivere in cosa consiste Progetto ENOC, iniziando con l’escludere quello che non è.
Non è una religione, non è un culto, e nemmeno un gruppo di preghiera. Allo stesso modo, non è legato a nessuna di simili espressioni nate in seno a un consesso umano. Non è una tecnica mistica new age di qualche tipo, così come non si riferisce a Kryon o a canalizzazioni angeliche, arcangeliche, demoniache, spiritiche o quant’altro, senza dimenticare gli extraterrestri.

Non è un sistema ideato per mettere a punto una serie di tecniche e di movimenti con il corpo, che diano l’illusione che, praticando in questo modo, ci si immerga automaticamente in una modalità spirituale tesa a far evolvere. Ragion per cui, non ha nulla a che fare con l’Hatha Yoga o arti marziali di qualunque tipo. Ancor di più, non si tratta di meditazione, anche perché, come troviamo ugualmente scritto nei famosi Yoga Sutra di Patanjali, nessun essere umano ordinario è in grado di meditare.

Soprattutto non è una dottrina, e non è ispirato da un credo o ne promuove la creazione, che sia generatore di tutta una serie di direttive atte a guidare la vita delle persone, al di fuori della possibilità dell’esperienza, generando quindi privazione e paura. Tutte prescrizioni a cui siamo ormai prevalentemente abituati, perché sembra che seguire un percorso di ricerca significhi per forza di cose seguire anche delle regole, esattamente come si potrebbero trovare in una scuola militare, per diventare un buon ufficiale carabiniere, ad esempio, o un buon marine. Ecco, sappiate che, per diventare un buon essere umano, non esistono regole, così come non esistono regole o scuole che insegnino a un gatto a essere un gatto o a un ape ad andare sui fiori; semmai un gatto avesse bisogno di una scuola e di un sistema educativo, sarebbe per diventare una scimmia decente, e comunque qualcosa che non è già definito nel suo programma genetico.

Infine, la filosofia introdotta da Progetto ENOC, non afferma che Trascendenza e Immanenza si trovino in un luogo specifico, e non in un altro. Anzi, è esattamente tutto il contrario, perché si definisce che la Trascendenza così come la sua controparte Immanente, sono ovunque, e soprattutto nella nostra quotidianità; soprattutto lì, perché di vita quotidiana è fatta la nostra storia. Se pensiamo che la Trascendenza sia solo in una chiesa, ad esempio, pensiamo che non si trovi fuori di essa; e invece la possiamo sperimentare anche in coda all’ufficio postale, e soprattutto davanti allo specchio. Ma è anche nella chiesa. Non cercatela, dunque, nella quotidianità di qualcun altro, ma esattamente in ciò che avete davanti, ovunque voi siate.

In cosa consiste, dunque, Progetto ENOC?
Si tratta di un contenitore che contiene un viaggio, una mappa e le indicazioni necessarie ad un percorso che consente di recuperare il punto d’ancoraggio con ciò che l’essere umano è veramente, e che nel nostro linguaggio chiamiamo ‘Il Transiente’. Giunti a questa tappa, si aprono innumerevoli possibilità, sia nella vita quotidiana e professionale che in quella di ricercatore.

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Chi apre gli occhi e inizia a percepire la realtà come veramente è, comprende subito di trovarsi in una prigione. Questa è la condizione comune e “naturale” dell’essere umano, di cui però normalmente non è consapevole. L’uomo è certo un animale molto evoluto, dotato di una mente sofisticata, che gli permette di elaborare e svolgere operazioni complesse, e grazie alla quale ha ideato una tecnologia che ha ampliato i suoi limiti fisici e mentali. Tuttavia, rimane pur sempre un animale, soggetto a tutti gli impulsi e a tutte le limitazioni della propria natura.

Malgrado possa sognare di essere eterno o onnipotente, l’essere umano reagisce ancora a una logica di stimolo-risposta, esattamente come i topi. Inoltre, è costretto ad assumere in continuazione “droghe” per sopravvivere: mangiare, respirare e soprattutto provare emozioni, senza le quali morirebbe all’istante. Ed è proprio la necessità di identificarsi e di perdersi senza sosta nelle emozioni la causa principale delle sue sofferenze e della sua prigionia, che lo mantiene in uno stato ipnotico anche durante la veglia. Proprio per questo, molte tradizioni esoteriche affermano che la condizione dell’uomo comune è il sonno.

Ma cosa succede quando l’uomo si risveglia e vede le sbarre? In quel momento, per la prima volta in vita sua, si trova di fronte alla possibilità di compiere una vera scelta: può decidere di restare dentro la prigione, e magari diventare una personalità eminente all’interno di essa, esercitando il potere che può ora acquisire facilmente sugli altri uomini; oppure, può decidere di evadere dalla prigione e fare di tutto per riuscirci, pur sapendo che il compito non sarà per nulla facile, e che dovrà contare solo sulle proprie forze.

Proprio per favorire e accelerare questo processo è nato il programma Evolution and New Order Civilization (E.N.O.C.). Lo scopo di E.N.O.C. è, nella sua prima fase, di portare l’individuo ad aprire gli occhi e a mostrargli le due strade. Chi sceglie la strada dell’evoluzione potrà proseguire il programma, che lo trasformerà radicalmente, portandolo oltre la condizione umana.

L’apocalisse è banale

Ma come potremmo introdurre un programma che ha per scopo l’evoluzione dell’uomo, senza accennare al momento del tutto particolare in cui stiamo vivendo? Gli eventi che si stanno manifestando in questa epoca sono il preludio a un passaggio cruciale, che segnerà la fine di un’era di ignoranza e il principio di una nuova, l’inizio di un ciclo di purificazione che porterà sì l’umanità a un nuovo livello, ma a costo di grandi sacrifici, soprattutto per coloro che saranno inadatti e impreparati al cambiamento. Tutto questo, aldilà delle estemporanee teorie complottiste e delle interpretazioni raffazzonate di antiche profezie, è una realtà che già stiamo vivendo ora.

Purtroppo, però, oggi sono talmente in tanti a riempirsi la bocca di queste parole, che sono diventate banali. La fine del mondo è diventata puro entertainment, un buon soggetto filmico per ravvivare il filone catastrofico. Ma finito il film, che ci ha emozionato e ci ha fatto riflettere su quanto sia precario e illusorio l’equilibrio che ci sostiene, tutto svanisce per lasciare il posto al prossimo spettacolo. Come in un telegiornale che affastella le notizie senza soluzione di continuità, appiattendole, l’apocalisse non è più che una sensazione tra le altre, che alimenta l’ipnosi quotidiana, tra la recessione economica e l’ultimo scandalo sessuale o efferato omicidio alla moda. Forse qualcuno sta cogliendo, in vista dell’imminente fine, l’occasione per provare un’esperienza che non aveva mai sperimentato, rompendo la routine sonnolenta delle ovvietà di ogni giorno?

Quello che vediamo è ben altro: tuttalpiù, gli esseri umani lasciano assorbire le proprie energie mentali da teorie pittoresche e non verificabili su rapimenti alieni, complotti occulti e dialoghi con entità angeliche. Intanto, la loro vita e la loro condizione non muta di un millimetro. Certo non rimpiangiamo le disperazioni e le dissoluzioni che si verificarono attorno all’anno Mille, ma l’anestesia totale delle coscienze è ben più scoraggiante, perché nemmeno con la minaccia di una pistola puntata alle tempie le si potrà scuotere.

La conoscenza è per pochi

Purtroppo, per superare questa empasse dobbiamo oltrepassare il confine del politically correct, e di ciò che il pubblico, per quanto aperto e disponibile, desideri sentirsi dire. Dovremo dire allora che la divulgazione delle conoscenze è uno dei più grandi problemi di sempre, oggi amplificato dalle tecnologie digitali, che ingorgano il mondo intero di ogni informazione e del suo contrario, lasciando credere di sapere, per il semplice fatto di aver letto o visto qualcosa su internet, scambiando l’assorbimento passivo per esperienza.

In passato, molte delle conoscenze erano mantenute celate alle masse. Nell’antica Grecia, ad esempio, la religione Orfica e i Misteri eleusini custodivano i segreti che governano l’evoluzione dell’uomo, in relazione all’evoluzione delle potenze cosmiche, ovvero i cosiddetti dei. Quando qualcuno cercò di divulgare queste conoscenze, fu messo a morte, per aver commesso sacrilegio. Oggi si tende a interpretare questi episodi come la manifestazione di una sindrome elitaria che affliggeva gli ordini sacerdotali, ossessionati dalla brama di mantenere il potere sulle masse ignoranti. In realtà, malgrado non siano mancati gli abusi, questa condotta derivava da un dato fondamentale e oggettivo: che quando certe conoscenze vengono diffuse, è inevitabile che vengano distorte e che cessino di essere efficaci, alimentando anzi ancor di più il sonno dell’essere umano.

In effetti, oggi che molte conoscenze esoteriche sono diventate di dominio pubblico, l’umanità nel suo complesso non è migliorata rispetto ad allora. Non è più necessario, infatti, accedere a luoghi remoti e superare selezioni durissime per essere ammessi come allievi all’insegnamento dello yoga o della meditazione. Tuttavia, da quando le discipline spirituali sono offerte a ogni angolo di strada, esse hanno cessato di essere una forza propulsiva per chiunque ne venga in contatto. Per i più, anzi, queste conoscenze alimentano un circolo vizioso, in cui la mente si sente soddisfatta di ciò che crede di aver ottenuto, e non cerca altro che conferme a ciò che ha deciso di credere. Per questo, ai risultati tangibili di una concreta e faticosa evoluzione, preferirà inseguire mete illusorie e non verificabili, come viaggi astrali e aperture di chakra senza alcuno sforzo, e soprattutto a buon prezzo.

Per questi motivi, tutto quello che verrà pubblicato in relazione a questo progetto, che si avvantaggia soltanto del sistema di massa di diffusione dell’informazione, ha numerose chiavi di lettura. Malgrado sia disponibile a tutti, è scritto solo per pochissimi, come pochissimi saranno coloro che arriveranno al termine di questo programma. Le informazioni che forniremo sono inoltre di contenuto puramente operativo: a ogni stadio corrisponde un risultato, che è riscontrabile non solo nella mente, ma anche nell’universo fisico, e quindi non corre il rischio di essere inquinato dalla sindrome che affligge l’uomo contemporaneo, più propenso alla proiezione di film mentali che generano gratificazioni e complessi di inferiorità malcelati.

La verità è un killer

Purtroppo, la verità non è fatta per fare piacere, né per confermare quanto pensiamo di conoscere. Né la verità è qualcosa di cui ci si può appropriare brevettandola o glorificandosi della sua scoperta o della sua pretesa invenzione. La verità non fa comodo a nessuno, soprattutto alla mente e alle personalità, con cui sarà sempre in contrasto, perché nessuno di noi è in grado di formulare pensieri o provare emozioni oggettive: prova ne è che tutti i nostri pensieri e le nostre emozioni sono transitori e relativi. Un assoluto non può confermare una relatività, ed è per questo che la verità è un killer: se la si acquisisce veramente, distruggerà qualunque cosa esista su questo piano transitorio, qualunque convinzione, qualunque pensiero o pretesa di emozione.

E’ dunque giusto che certe cose non vengano spiegate. Occorre comprendere che ogni cosa pensiamo con la nostra mente, relativa e limitata dai cinque sensi, è il riflesso di un pensiero oggettivo e assoluto, la sua ombra. E che cos’è un riflesso o un’ombra se non un’immagine imperfetta e capovolta della realtà? Se una persona riesce a immaginarsi questo veramente, e inizia a concepire quanto può essere complesso risalire alla propria origine, realizza che il compito è pressoché impossibile, con gli strumenti di cui dispone. L’effetto del capovolgimento è talmente radicale che, soltanto quando si percepisce in pieno questa differenza, si ha la possibilità di svolgere questo programma, che ha lo scopo di fornire strumenti molto più raffinati di quelli di cui l’uomo oggi dispone.

Un esempio dell’ordinaria percezione distorta dell’uomo è la sua errata percezione del principio di causa-effetto. Se qualcuno si ammala di cancro dopo aver fatto una buona azione, inizia a dubitare di Dio – o del Karma, poco cambia – e della sua supposta bontà. Ma la relazione tra la buona azione e la malattia è del tutto arbitraria: l’essersi ammalati può essere l’effetto di una causa situata in uno spazio-tempo totalmente diverso dalla buona azione. Tutto ciò che noi facciamo sul piano tridimensionale ha effetti sul piano oggettivo, nel quale però il tempo non è altro che spazio, ovvero la quarta dimensione. Ciò significa che gli effetti delle azioni producono conseguenze che sono difficilmente rintracciabili e ricollegabili tra loro con i nostri mezzi limitati.

Una nuova possibilità: da pecora a pastore

Momenti come questo, nel passato, in cui l’evoluzione viene accelerata, si sono già verificati numerose volte. Queste fasi sono spesso accompagnate da estinzioni di massa, perché i soggetti che non riescono a sopportare l’accelerazione sono destinati a soccombere. Questa è una delle ragioni per cui la selezione è fondamentale. Ed è per questo che la selezione, nel caso di questo programma, può essere fatta in modo mirato. Ma per comprendere questo è indispensabile cessare immediatamente di farsi illusioni sulla propria natura.

C’è un’affermazione di Gesù che andrebbe letta più nel profondo: “Io sono il buon pastore”. Ciò implica che, se Gesù è il pastore, l’uomo allo stato attuale non è più che un armento, dato peraltro affermato da tutte le tradizioni esoteriche. Si dà il caso, però, che dentro questo particolare animale è stato posto un seme, che lo potrebbe trasformare in qualcos’altro. Ma il seme di questa evoluzione non si attiva da sé, ha anzi bisogno di una incredibile dose di volontà e di energia, e l’eventualità che sviluppi tutte le sue potenzialità non è garantita: come ogni seme in natura potrebbe dare frutti, ma anche non darli mai. Finché ciò non accade, l’unica funzione del soggetto che lo custodisce è la stessa di tutti gli altri animali, ossia di produrre energia trasformando l’ossigeno in anidride carbonica.

Eppure, nel mondo oggettivo, in quello che secondo il nostro punto di vista relativo e tridimensionale è il mondo dei miracoli, la pecora, se veramente lo vuole, un giorno potrà diventare un pastore. Tuttavia, questo comporta una conseguenza, che per il punto di vista limitato dell’animale può risultare alquanto sgradita: alla fine di questo processo, dell’essere pecora iniziale non rimarrà più nulla. Ciò ovviamente contrasta con l’istinto di conservazione che ogni animale porta congenitamente in sé, e fa sì che ogni pecora di questo mondo sarà disposta a fare qualsiasi sforzo per ottenere la libertà, a condizione ovviamente di non dover rinunciare al proprio essere pecora. Ecco perché Sri Aurobindo diceva: “Il mondo intero aspira alla libertà, eppure ogni creatura è innamorata delle proprie catene”.

Ed è per questo che molti, dedicandosi alla pratica spirituale, ricercano in realtà esperienze psicotrope o fantasticano di ottenere presunti poteri straordinari: perché tutto ciò non costa molto e soprattutto non implica la rinuncia alla propria conservazione. Anche in questo caso, ciò che vediamo nei film e nei videogiochi che creano maggiormente identificazione oggi è molto significativo. Perché tanto entusiasmo per supereroi e vampiri, perché tanta spettacolarizzazione di un soprannaturale che assomiglia troppo alla banale maggiorazione delle facoltà comuni? In realtà tutto ciò serve a illuderci che la distanza tra noi e “loro” sia poca; che prima o poi, con l’aiuto della tecnologia e magari con qualche pillola, ci arriveremo… E allo stesso tempo questi sogni hanno lo scopo di farci guardare nella direzione sbagliata.

Un’altra realtà difficile da accettare, oggi come in passato, è che le entità cosmiche sono talmente vaste che la possibilità che si relazionino con una singola individualità è praticamente nulla. Ed è altrettanto impossibile stabilire dei paragoni tra la loro realtà e quella dell’uomo al suo stato naturale, malgrado quest’ultimo tenda inevitabilmente a immaginarsi il divino secondo i propri parametri. Se potessimo chiedere a un gatto di immaginare Dio, ce lo descriverebbe sicuramente come un grosso felino: non ha fatto dunque altrettanto l’uomo-pecora, immaginandosi dei pastori “a sua immagine e somiglianza”?

Questa non è una cura per la depressione

Un altro punto su cui occorre fare la massima chiarezza è che questo programma è per le persone sane. Spesso, infatti, l’individuo si dedica alla via spirituale, perché è affetto da qualche patologia fisica, emotiva o psicologica. E’ triste affermarlo, ma la spiritualità è per molti l’ultima spiaggia a cui approdano dopo aver provato inutilmente tutti i rimedi. Sulla strada verso la conoscenza esoterica si incontrano quindi masse di persone convinte che questa tecnologia serva per guarire problematiche individuali e relazionali come timidezza, depressione, vergogna congenita, psicopatologie o sensi di colpa.

Così, mentre in natura l’animale malato viene selezionato dal predatore, perché non aiuta la specie, a percorrere invece la strada spirituale è spesso il più inadatto. Ma finché si crede di fare questo per guarire dalle disfunzioni della propria personalità, non potrà servire a molto. Noi non siamo interessati a guarire pecore dalle proprie depressioni, né a creare pecore con superpoteri. Una pecora con la vista a raggi X o capace di leggere nel pensiero delle altre pecore è pur sempre una pecora.

Conclusione: una parabola

Forse non c’è modo migliore per concludere questa introduzione che ricordare una storiella crudele che Gurdjieff, il più grande esoterista del Novecento, amava raccontare ai suoi allievi. Una parabola che descrive perfettamente la situazione dell’uomo e l’origine delle illusioni di cui si alimenta, e che da sola concentra numerose verità che l’uomo fatica ad accettare:

Una certa leggenda orientale narra di un mago ricchissimo, che possedeva numerosi greggi. Quel mago era molto avaro. Egli non voleva servirsi di pastori, e neppure voleva recingere i luoghi dove le sue pecore pascolavano. Naturalmente esse si smarrivano nella foresta, cadevano nei burroni, si perdevano, ma soprattutto fuggivano, perché sapevano che il mago voleva la loro carne e la loro pelle. E a loro questo non piaceva.

Infine il mago trovò un rimedio: ipnotizzò le sue pecore e cominciò a suggerire loro che erano immortali, e che l’essere scuoiate non poteva fare loro alcun male, ma che tale trattamento, al contrario, era per esse buono e persino piacevole. Poi aggiunse che egli era un buon pastore, che amava talmente il suo gregge da essere disposto a qualsiasi sacrificio nei loro riguardi; infine suggerì loro che se doveva capitare qualcosa, non poteva in ogni caso capitare in quel momento, e nemmeno in quel giorno, e per conseguenza non avevano di che preoccuparsi.

Dopo di che il mago introdusse nella testa delle pecore l’idea che esse non erano affatto pecore; ad alcune disse che erano leoni, ad altre che erano aquile, ad altre ancora che erano uomini o che erano maghi. Ciò fatto, le pecore non gli procurarono più né noie né fastidi. Esse non lo fuggivano più, ma attendevano serenamente l’istante in cui il mago avrebbe preso la loro carne e la loro pelle.